Ma a Lentini non c’è una minchia…
(Manlio Sgalambro e i
luoghi abitati dalla verità)
Di Claudio Bellato
Spero di non urtare la
sensibilità geografica e personale di nessuno ,se ho deciso di adottare per
questo mio articolo ,un titolo degno di Ciprì e Maresco ,queste righe sono per
me un sincero omaggio ad un uomo di infinito intelletto ,che indirettamente mi
ha fatto un gran bene attraverso i suoi libri. Cercate di capire, viviamo in un
mondo difficile ,l’ironia è indispensabile per non soffocare .Per quanto
riguarda la definizione di Lentini (città che non ho mai visto) svelerò la (non
mia )definizione più avanti nel testo.
Manlio non c’è più,è passato
qualche mese. Lo chiamo Manlio dimenticando tutto il rispetto che si dovrebbe
portare ad un maestro . Soprattutto nei confronti di un uomo che non ho mai
conosciuto. Ma lui è stato per me come un amico.
Il suo pensiero ed i suoi
libri mi hanno accompagnato nel bene e nel male sin dall’ autunno del 1994.
E’ una domenica pomeriggio
di quell'anno,dal mio mivar marcio la faccia oblunga di Franco Battiato mi scruta . Parla del suo ultimo disco:”l’ombrello e la macchina da cucire”
Con lui c’è l’autore dei
testi . Il professor Manlio Sgalambro.
Mi colpisce il testo di una
canzone :” Breve invito a rinviare il suicidio
“
Poi il presentatore legge un
brano dall’ ultimo libro del professore “Dell’indifferenza in materia di
società .
Fa così
“ Che io debba essere governato ,ecco da dove nasce
lo scandalo della politica. Solo per canaglie e miserabili incapaci di
auto governarsi c’è la politica come unica via di scampo .
Compro il libro, che mi farà
compagnia ,specie nei miei viaggi in treno. E’ il primo di una lunga serie
Dialogo Teologico
Del pensare breve(quello che
ho letto e riletto più di tutti, la mia copia del 1994 sta attaccata con lo
scotch)
Trattato dell’empietà
La consolazione
Trattato dell’ età
Ecc.
Li ho tutti ho quasi…
MANLIO IL CONSOLATORE
C’ è stato un periodo della
mia vita in cui ho ritenuto la filosofia una soluzione da finale aperto. In totale
contrapposizione alla prassi letteraria e cinematografica del finale chiuso.
L’eroe se ne va,campo lungo
e titoli di coda, lo spettatore non sa quello che accadrà ,ma il campo delle
soluzioni possibili ,resta libero per l’immaginazione.
Un po’ come nei sette
messaggeri di Buzzati “ Vado notando come
di giorno in giorno,man mano che avanzo verso l’improbabile meta, nel cielo
irraggi una luce insolita quale mai mi è apparsa, neppure nei miei sogni”
Durante il lungo cammino
verso la conoscenza si può restare soli , ma nonostante il caro prezzo da
pagare si continua a pensare .
E anche se il tentativo di penetrare dentro al
meccanismo dell’esistenza non ti salva da quelle fauci, resta sempre una
speranza.
La speranza di ciò che non
si conosce, ovvero di tutto ciò che non attiene al campo della tua esperienza.
Nella battaglia del
pensatore come in ogni guerra che si rispetti non c’ è tempo per i finti
problemi.
Si deve salvare la pelle.
Ecco gli elementi
consolatori che quelle letture mi davano, la lotta che ti distrae dalla macina
dell’esistenza, la speranza di qualcosa che avrei conquistato, e ne aggiungerei
un terzo , Il riparo .
Se ripenso a me stesso in
quei giorni mi rivedo spesso con in mano uno di quei libri , in un bar ,dal
dentista,ogni tanto qualche amico mi chiedeva “Czzzo leggi?”
Quello era anche uno scudo
che mi teneva lontano dalle illusioni ,proprio a causa di quello che Manlio
diceva sulla società che mi circondava .
Dire che cosa mi ha
confortato di un pensiero (così diverso
da ciò che sono e dalle cose che ho bisogno di sentirmi dire) mi risulta
difficile, ci proverò qualche riga più avanti.
Anzitutto è necessario
precisare che di quello che ho letto avrò capito si e no il 30%,ma questo poco
mi ha dato molto.
Soprattutto mi ha incuriosito
su altre perle che lui continuamente citava. Schopenauer, Cartesio,Spinoza
,Proust,
Quando mi sono ritrovato a
dover preparare una tesina sull'invecchiamento della popolazione (Senilità
nell’ ‘epoca della longevità) per la mia qualifica quasi mai esercitata di operatore socio
sanitario, Il suo Trattato dell’ età (Adelphi 1999)si rivelò più utile di
qualsiasi saggio sull'invecchiamento della popolazione.
” Il vecchio è orribile perché
totalmente occupato dal tempo, “o da questo alcunché”. Perché ghermito dalle
sue grinfie, egli lo impone a ciò che lo circonda e chiunque qualsiasi cosa gli
capiti, ve lo butta dentro senza misericordia. Egli lo secerne come un liquido,
lo espelle come le sue urine.” M.S.
La visione di un tempo
immobile totalmente indipendente, ma
tuttavia attaccato all ‘individuo.
Un fluido invasore vampiro
di corpi da occupare.
Il vecchio come sinonimo del
tempo immobile che si incarna in lui completamente.
“Il tempo non passa per lui, il vecchio resta sempre
se stesso”
Ci fu un periodo in cui un
suo libro fu sempre con me “ La morte del sole”
L’introduzione memorabile”C’è molto movimento ,ma è un movimento di vermi”
Il ritornello ricorrente del tempo come processo
disgregativo e non in divenire,processo nel quale Dio rivela la sua natura.
La critica alla comunità dei
filosofi divenuti ormai scrittori di filosofia.
Medium che fanno parlare gli
scheletri di Hegel e di Kant divenuti fantocci mossi dal saggista burattinaio
che li fa danzare a inchini e piroette .
Sottoponendo il lettore non
al loro, ma al proprio pensiero.
Che cosa mi ha riscaldato il
cuore?
LA VERITÀ E SEMPRE CONTRO
Il pessimismo di
Sgalambro,non è un pessimismo cosmico
alla Cioran,ma una ricerca continua della verità che sta dietro alle
cose,pur avvertendo il lettore che la verità e sempre contro.
La ricerca della verità come
tratto che contraddistingue l’uomo .
La vittoria del pensiero
sulle cose inerti.
Ecco per queste cose val
bene la pena di vivere un esistenza assurda dove il dado è tratto ,ma si può
essere ancora ottimisti .
“ Abbiamo superato l’ottimismo ed il
pessimismo,e questo superamento è la noncuranza verso l’uno e l’altro ,di conseguenza si può essere più
sbarazzini e più leggeri.”
Ma anche il tono della sua
voce ed il suo sguardo autoritario ,sicuro disincantato,impenetrabile. Il suo
accento siciliano fino al midollo plasmato su quella voce roca,tutto sommato
antica.
Questo fu un balsamo per
me,e per la mia fatica.
La sua voce l’ho ritrovata
in Musikanten ,film di Battiato
ingiustamente criticato,ma tuttavia ricco di suggestioni e salti
spazio-temporali,dove Manlio recitava
nella parte di un nobiluomo in parrucca .
Ma anche quando cantava (La
mer)
Chi l’avrebbe mai detto che
quel siciliano così oscuro ed impenetrabile avrebbe saputo mutare in maniera così
repentina mostrando tutta la leggerezza che hanno solo i grandi quelli veri,
quelli che sanno anche essere leggeri?
Sognavo anche di incontrarlo
,mi sarebbe piaciuto fare quattro chiacchiere con lui ,ascoltare una sua
lezione.
Ma questo non avrebbe potuto
avverarsi comunque .
Non teneva lezioni o
conferenze.
Incontrò il pubblico solo
con Battiato.
Maestro di pensiero
atipico,non si laureò mai,fece qualche supplenza,quando l’agrumeto ereditato
dal padre non bastava più.
Manlio era di Lentini .
Quando lavoravo in un
ospizio ,conobbi un vecchi siciliano sdentato, con gli occhi ridotti a due
fessure rugose,fissato con le seghe ,con la moglie evangelica e disperata per
la sua demenza ,sembrava uscito da un film di Ciprì e Maresco era anche
simpatico e buono come quasi tutti i condannati …
Gli chiesi di Lentini.
Così mi disse :” Qualche
fabbrica,arance…Ma a Lentini non c’è una minchiaa!”
Così mi disse…A Lentini non
c’è una minchia .
Un filosofo che parlava un
sacco di lingue e che conosceva alla perfezione migliaia di autori.
Nato non in una grande
metropoli,ma come Gorgia nella antica Leontini.
La città dove non c’è una
minchia.
Nessun biografo o saggista a
venire riuscirà a descrivere Sgalambro così bene, quanto la definizione che lui
dà di se stesso nel suo libro (del Pensare breve)
“ L’estrema rinuncia per me ,è la
rinuncia alle gioie del pensiero. Strapparmi tutto questo è strapparmi la carne
e le viscere.
Sua è una delle più belle
poesie sull’amicizia ,
Per non parlare di una paginetta
che descrive l’immutabilità del mondo e della natura umana ,con la quale o
anche liquidato per iscritto qualche stronzo,senza attribuire la paternità di
quelle parole.
Andatevela a cercare, si trova a pag. 29 Del
pensare breve ,il titolo è :Prodigi.
Braibanti diceva che se
scavi e scavi intorno al concetto di identità trovi un vuoto, trovi un
assenza…Chi lo sa?
Forse un giorno spingendoci
ancora un po’ in avanti( come il principe di Buzzati) ,ma non prima di aver
perso tutto quello che stava dietro,scopriremo che i luoghi abitati dalla
verità sono come la città di Lentini, nell'opinione di quel vecchi siciliano
che conobbi in un ospizio.
Un posto dove non c’è una
minchia.
E allora li balleremo.
Ciao Manlio.
Il siciliano che conobbi (Io lo ricordo così)
AMICI (NON CI SONO AMICI) |
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